Il punto di partenza: in caso di fallimento il curatore ha la facoltà di subentrare o sciogliersi dall’obbligazione assunta dalla società in bonis.
Qualora il curatore decidesse di sciogliersi dal contratto, avrebbe il diritto di richiedere la rifusione degli acconti nonché degli importi versati dalla società in bonis a titolo di caparra a meno che la parte promittente la vendita abbia a. comunicato la volontà di recesso e di ritenzione della caparra e depositato domanda; b. depositato e trascritto domanda giudiziale di risoluzione del contratto anteriormente alla dichiarazione di fallimento ; c. depositato e trascritto domanda esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto ai sensi dell’art. 2932 anteriormente alla dichiarazione di fallimento.
In realtà, il curatore potrebbe optare per l’istanza di scioglimento del preliminare anche quando sia ancora in corso il giudizio di risoluzione del preliminare o di accertamento del recesso, promosso dal promittente venditore prima dell’apertura della procedura concorsuale. In tal caso, però, l’apertura della liquidazione giudiziale non paralizza i giudizi in questione, che sono stati promossi preventivamente in via di autotutela da parte del promittente venditore a fronte dell’inadempimento del promissario acquirente. Il promittente venditore, dunque, con l’esperimento delle azioni avrà anche diritto a trattenere l’eventuale caparra confirmatoria stabilita proprio in caso di inadempimento.
A tal proposito si è pronunciata la Corte di Cassazione (15 febbraio 2011, n 372) “In tema di preliminare di compravendita, comunicata dal promittente venditore la volontà di recedere dal contratto e di incamerare la ricevuta caparra confirmatoria, ai sensi dell’art. 1385, secondo comma, cod. civ., e promossa, prima del fallimento del promissario tradens, domanda giudiziale diretta alla declaratoria della legittimità dell’avvenuto esercizio del mezzo di autotutela per reagire all’altrui inadempimento, imputabile e di non scarsa importanza, il sopravvenuto fallimento di quest’ultimo preclude al curatore di paralizzare, attraverso l’esercizio della facoltà di sciogliersi dal contratto ex art. 72, secondo comma, legge fall., l’emissione di una sentenza, opponibile alla massa dei creditori, che, accogliendo la domanda del promittente, accerti, con effetto ex tunc, l’intervenuta caducazione, già in via stragiudiziale, degli effetti negoziali”.
Da ciò si conferma il principio per il quale il curatore conserva la facoltà di sciogliersi dal contratto fintanto che si tratti di tutelare un contraente in bonis che abbia speso adeguatamente e preventivamente il potere di autotutela contrattuale previsto dall’ordinamento. In particolare, il principio di discrezionalità di scelta del curatore trova un limite nell’integrale tutela delle ragioni del contraente in bonis: quando esse sono assicurate prima dell’apertura della procedura concorsuale per atto opponibile alla massa dei creditori (come nell’ipotesi di azione di risoluzione per inadempimento) non si realizza uno stallo contrattuale a cui porre rimedio attraverso la potestà di scelta riconosciuta al curatore medesimo. Ne discende che, nei contratti in corso di esecuzione ciò che rileva sia soprattutto la sussistenza o meno in capo al contraente in bonis di poteri di autotutela della sua posizione contrattuali, poteri che, se sussistenti e legittimamente spesi, devono essere tenuti in conto dalla procedura fallimentare.
Resta, per contro, ferma l’impossibilità da parte della controparte in bonis di richiedere, dopo l’apertura della liquidazione giudiziale, la risoluzione del contratto per inadempimento, anche se questo sia anteriore alla dichiarazione di fallimento.
Lo stesso dicasi per il recesso ex art. 1385 co. 2: il recesso opererà soltanto se il contraente in bonis abbia esercitato la relativa facoltà in epoca anteriore all’apertura della procedura. Diverso, invece, è il caso in cui sia scaduto il termine per l’adempimento della prestazione e questo debba considerarsi essenziale ex art. 1457 c.c. Infatti, l’inosservanza del termine essenziale comporta automaticamente la risoluzione di diritto del contratto senza che sia necessaria alcuna comunicazione della parte interessata.
È degno di nota un passaggio sulla fattispecie in cui il promissario acquirente, fallito, sia nel frattempo entrato nella disponibilità del bene. Qualora il curatore opti per lo scioglimento del preliminare immobiliare, ma precedentemente il promissario acquirente, poi fallito, abbia ricevuto il possesso immediato del bene, il promittente venditore ha diritto alla restituzione dell’immobile. A fronte della domanda proposta da quest’ultimo volta ad ottenere l’accertamento dell’obbligo di restituzione, legittimato passivamente è il curatore e ciò anche nel caso in cui il bene sia stato trasferito a terzi dal fallito 60. In quest’ultimo caso, l’obbligo restitutorio del curatore comporta quello di riacquistare il possesso del bene stesso o di risarcire il danno determinato dall’impossibilità della restituzione. Sul punto si sottolinea come il credito risarcitorio abbia sicuramente natura concorsuale nel caso in cui la perdita del possesso sia anteriore all’apertura della procedura concorsuale; qualora invece la dismissione sia successiva, deve ritenersi applicabile il principio relativo alla natura prededucibile del credito stesso anche a questa fattispecie.
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